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L’aiuto umanitario sta ‘fallendo’ – in un’intervista, consulente delle Nazioni Unite spiega il perché

Qual è stato il messaggio principale al World Summit umanitario oggi?
Jan Egeland: Il mio discorso di oggi è che attraverso le zone assediate in Siria, a Fallujah in Iraq, nello Yemen, e in molte parti dell’Africa, stiamo fallendo milioni di persone, non riusciamo a raggiungerle. Questo è un tema sul quale dobbiamo concentrarci al vertice umanitaria. Stiamo facendo un sacco di buon lavoro per decine di milioni di persone, ma ci sono ancora milioni che non riusciamo nemmeno a raggiungerli.
Al vertice, se ne parla di cinque responsabilità principali che leader mondiali sono chiamati a promuovere. Una di quelle responsabilità parla del rispetto delle regole di guerra, e cioè la protezione dei civili. Che cosa può concretamente uscire da questa conferenza per il raggiungimento di un tale impegno?
Jan Egeland: Mi auguro che sia una cosa molto concreta e cioè che i leader  dopo questo Summit potrebbero  dire – interrompiamo almento di assistere, aiutare, e dare soldi a quei gruppi armati che violano sistematicamente il diritto umanitario dei conflitti armati, bombardando ospedali, scuole, abusando di donne e bambini – questo tipo di comportamento non possiamo accettare. Quindi, mettiamo sulla lista nera ogni divisione, ogni gruppo armato, ogni esercito, e ogni governo. Devono comportarsi meglio prima di ottenere il nostro sostegno. Questo sarebbe il mio desiderio.
Il Consiglio di sicurezza ha recentemente adottato una risoluzione sulla protezione sanitaria e sulla protezione dei civili. Come si può tradurla in azioni concrete sul campo in questo momento?
Jan Egeland: C’è purtroppo una grande distanza tra le camere del Consiglio di sicurezza e il campo di battaglia, nel senso che gli uomini con le armi e il potere sul terreno non ricevono sempre gli ordini giusti, oppure essi non li raggiungono realmente. E anche quando ottengono gli ordini, non li eseguono. Questo è ciò che il Consiglio di Sicurezza deve fissare. [Stati Membri] devono far sì che la loro risoluzione sia implementata; il che significa che devono andare sistematicamente a tutti coloro che sponsorizzano i gruppi armati, e dire loro che è finita l’impunità, che è finito aiuto a coloro che fanno cose cattive, per renderle meno attraenti e per spronarli a fare cose buone. Dopodiché si potrebbe vedere il cambiamento.
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Per quanto riguarda la crisi dei rifugiati, ha visto delle iniziative durante questo Summit che possano migliorare la situazione dei profughi?
Jan Egeland: Beh, ci sono stati degli impegni da parte delle nazioni per aumentare ulteriormente il finanziamento del lavoro umanitario, per venir incontro agli sfollati interni che sono al fondo della fossa e destano poca attenzione e attirano poche risorse – così come nel caso dei rifugiati. Mancano governi che rispetino il diritto umanitario e la convenzione ONU per i rifugiati, mantenendo aperte le frontiere e garantendo il sacrosanto diritto di asilo. Come europei, quando avviammo la Convenzione sui rifugiati sentivamo veramente che l’asilo era una cosa  importante quando eravamo proporio noi i richiedenti d’asilo. Perché non pensiamo che il diritto d’asilo sia altrettanto importante ora, quando sono gli altri che ce lo chiedono?
Oggi è il secondo e ultimo giorno del vertice. Cosa pensa sia stato il più grande successo a Istanbul?
Jan Egeland: Il più grande successo è quello di radunare tanti operatori umanitari in un unico luogo nello stesso tempo. Ci sono 5.000 persone qui e vi è il riconoscimento del loro buon lavoro umanitario. Ma il problema è che cosa accadrà in seguito; se vedremo che abbiamo a disposizione migliori strumenti, migliori risorse, e se riusciamo ad assistere meglio i milioni di persone che non stiamo raggiungendo. La prossima volta dobbiamo essere piu concentrati e cercare di risolvere una cosa alla volta.
I leader stanno sottolineando che questo è il primo vertice umanitari. Vuol dire che ci saranno molti altri in futuro?
Jan Egeland: Non necessariamente in questa forma e in questo formato. Ma questo sarà parte di un processo per rendere il sistema umanitario più efficiente, più conveniente. Dobbiamo farla finita con tutta qualle ridicola competizione per il finanziamento, per il credito etc, e davvero discutere come possiamo raggiungere tutti coloro che non riusciamo a raggiungere, e come possiamo liberare la gente dalla loro miseria senza fine, e farla uscire dalla loro situazione di sfollati, rifugiati,cronicamente poveri, e cronicamente esposti a disastri.

Humanitarian aid is ‘Failing’

WHS: Humanitarian aid is ‘failing’ – in an interview, UN advisor tells why.

Jan Egeland, Secretary-General of the Norwegian Refugee Council and Special Advisor to the UN Envoy for Syria, at the World Humanitarian Summit in Istanbul, Turkey. Photo: OCHA

What was your main message at the World Humanitarian Summit today?

Jan Egeland: My talk today was that via besieged areas in Syria, and Fallujah in Iraq to Yemen, to many parts of Africa, we are failing millions of people, we are not reaching them. That is a theme we need to focus on at the humanitarian summit. We’re doing lots of good work for tens of millions of people but there are still millions we are not even reaching.

At the Summit, there are five core responsibilities world leaders are asked to promote. One of them is respecting the rules of war, such as protecting civilians. What can concretely come out of this conference to achieve that commitment?Jan Egeland: One very concrete thing I would hope is that leaders who travel back from here would say—can we at least stop assisting, aiding, giving arms, giving money to those armed groups that are systematically violating humanitarian law of armed conflict, and bombing hospitals, bombing schools, abusing women and children—that kind of behaviour we cannot continue supporting. So let’s blacklist this division and that armed group and that army and that government. They have to behave better before they get our support. That would be my wish.

The Security Council recently adopted a resolution on protecting healthcare and civilians. How does that translate on the ground right now?

Jan Egeland: There is unfortunately a considerable distance from the Security Council chambers to the battlefield in the sense that the men with arms and power on the ground are not getting the right orders, it doesn’t reach them really. And even when they get the orders, they are not obeying them. That’s what the Security Council has to fix. [Member States] have to make their resolution be implemented—which means they have to go systematically to all of those who are sponsors of armed groups, and say end impunity, end assisting those who do bad things, make it less attractive to do bad things and more attractive to do good things. Then we would see change.

Turning to the refugee crisis, have you seen action on how countries can come together to better support refugees at this World Humanitarian Summit?

Jan Egeland: Well, there are pledges for more funding for humanitarian work, for internally displaced which are at the bottom of the pit and getting the least of the attention and the resources—as well as for refugees. We lack governments saying they will also uphold humanitarian law and the UN refugee convention, keeping borders open and the right to asylum sacrosanct. As Europeans, when we initiated the refugee convention we really felt that asylum was important when we were the asylum seekers. Why don’t we think it’s equally important now when we are those to whom people come for asylum?

Today is the second and last day of the Summit. What do you think has been the biggest achievement in Istanbul?

Jan Egeland: The biggest achievement is to assemble so many humanitarian workers in one place at the same time. There are 5,000 people here and there is recognition of their good humanitarian work. But the problem is what will happen afterward—will we see that we have better tools, will we see we have better resources, and will see that we are better at reaching the millions we are not reaching? We have to be more focused next time and try to get one thing at a time sorted out.

Leaders are underlining this is the first-ever humanitarian summit. Does that imply that there will be many more to come?

Jan Egeland: Not necessarily in this shape and in this format. But this will be part of a process to make the humanitarian system more efficient, and more cost-effective. We must do away with all that ridiculous competition for funding, for credit, and whatnot, and really discuss how can we reach all those we are not reaching, how can we get people out of their endless misery, and get them out of their situation as displaced, as refugees, as chronically poor or chronically exposed to disasters.